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lunedì 22 aprile 2013

Così “Scarabea” catturò l'anima sarda, di Sergio Naitza



Così “Scarabea” catturò l'anima sarda


È il 1968, anno cruciale di contestazioni e ribellioni. Un regista tedesco, allora trentenne, con alle spalle un'ottantina di documentari televisivi, decide di esordire nel lungometraggio ispirandosi a un racconto di Tolstoj, la storia della scommessa di un manager tedesco con gli abitanti di un luogo ancora selvaggio: sarà proprietario della terra che riuscirà in cerchio a percorrere a piedi in un giorno. Scarabea - di quanta terra ha bisogno un uomo? s'intitola il film, uno dei più originali, intelligenti, provocatori fra quelli girati in Sardegna. Dove l'Isola però non è semplice quinta scenografica ma interagisce, col paesaggio misterioso e affascinante, le facce e i gesti della gente, i miti, gli archetipi e le tradizioni con la vicenda del film, ricca di spunti di riflessione.
Oggi, 44 anni dopo, Hans-Jürgen Syberberg - questo il nome del regista - è diventato un autore di punta del cinema tedesco, un raffinato intellettuale (memorabili i suoi Parsifal eHitler ) ma assai poco ha raccontato di Scarabea . Così un giovane regista sardo, Tore Cubeddu - che rimase folgorato dalla visione del film, una notte a Fuori orario - ha deciso di stanarlo: è andato a Monaco, l'ha invitato a pranzo, ha piazzato due telecamere, l'ha stimolato al ricordo. Il risultato è un delizioso documentario di 30 minuti, Conversazione con Syberberg , che andrà in onda oggi alle 12,55 su Raitre, nello spazio che la sede regionale dedica con attenzione al cinema sardo.
Spezzoni di Scarabea contestualizzano la chiacchierata (in tedesco, sottotitoli in italiano ma la voce fuori campo di Cubeddu parla in limba), regalandoci aneddoti interessanti. Il primo: Syberberg all'inizio aveva pensato all'isola d'Elba, esclusa perché piena di turisti, la Sardegna fu una scelta casuale. Lui non sapeva niente ma non ebbe difficoltà a entrare in empatia con la popolazione di Orgosolo e Oliena, i luoghi dove venne girata la maggior parte del film. Obbligandolo a modificare la sceneggiatura perché l'ambiente isolano gli imponeva nuove suggestioni. «La macellazione arcaica, i seni delle donne col latte, la chiesa in montagna, tutte cose che non potevi inventare alla scrivania, molte non potevano essere nel copione perché le ho viste lì, sul luogo». Dalle parole di Syberberg emerge come la Sardegna abbia forgiato il film, o meglio come lui sia stato capace di lavorare su una fortissima identità locale, entrando negli anfratti più segreti, senza mai ridicolizzarla o farne cartolina turistica. Si pensi alla scena delle donne che innaffiano col latte dal seno il manager tedesco: «Era pericoloso, andavano contro l'onore dell'uomo sardo. Però le donne di Orgosolo hanno accettato, sebbene a volto coperto. Il nostro patto era: voi non dite nulla e noi non diciamo niente. Per quella ripresa, in un luogo segreto, eravamo in tre: l'operatore, il fonico e io».
La conversazione si allarga ad altre curiosità: Grazia Deledda usata come fonte di documentazione, la vera identità degli interpreti tedeschi (un conte squattrinato, un giornalista, lo stesso fonico). Ma c'è un dettaglio che svela l'integrazione fra Syberberg e l'Isola: comprò una mastruca e se la portò in Germania, indossandola per lunghi anni. Anche per questo - come giustamente dice Cubeddu - Scarabea è uno dei rari film che ha «tolto l'anima della Sardegna».

Sergio Naitza (Unione sarda 21 aprile 2013)

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