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giovedì 17 febbraio 2011

PATRIA AMORE E TANTA (MA TANTA) FANTASIA

I ceci sono un alimento base nella cucina medio orientale. Basti pensare ai famosi falafel, polpettine di ceci e spezie (foto accanto), o a all'hummus, una sorta di purèe in cui sono amalgamati ad aglio, prezzemolo, succo di limone, e olio di sesamo. In India la farina di ceci è spesso utlizzata per la preparazione del pane.



Il nome Il nome deriva dal latino cicer. Il cognome di Cicerone discendeva da un suo antenato che aveva una verruca a forma di cece sul naso.  A Roma la notorietà del cece era tale da dedicargli il cognomen di una delle famiglie più note: dei Ciceroni. Durante l'epoca di Carlo Magno era d'obbligo coltivare i ceci in ogni possedimento imperiale. Anche detto... Basilicata: cic'r , Calabria: ciciaru, Campania: cìcero, Liguria: çeìxo (sing.); çeìxi (pl.), Piemonte: cisi, Puglia: cìcere, Sardegna: cixiri (pronuncia: cijiri), basolu pittudu o tundu, Sicilia: cìciru.

Mi direte, ma cosa c'entrano i ceci con la patria e con l'amore? e con la fantasia?
Niente, forse, ma ieri sera, a San Remo è successo un fattaccio. I ceci hanno inesorabilmente incrociato la storia della nazione, nazione in senso francese. Il cece, arma di libertà. Il cece, seme della rivoluzione. Così, quando Benigni ha detto, nel pieno fervore patriottistico del suo racconto, che gli angioini vessavano la Sicilia e che questa povera Italia era stata per secoli dominata dal vile straniero (cit. che violentava e saccheggiava), ho pensato, ma questa storia l'ho già sentita. Poi quando ha aggiunto, Ma lo sapete come facevano i siciliani per riconoscere i francesi?, ho pensato, chissà, e come facevano? E lui ha finalmente ci ha dato la soluzione di questo annoso rebus: facevano dire loro "CIXIRI" e questi naturalmente non lo sapevano dire, pensate che geni questi siciliani.
Ma ho sentito bene? Ma avete letto bene e se lo avete sentito avete sentito bene anche voi? Lì per lì sono rimasto di sasso. Ho pensato, non può essere, poi ho guardato mia moglie e lei guardava me con l'espressione "non può essere". L'ha detto veramente.
Non è possibile. Ieri Benigni pur di esaltare gli spunti nazionalistici e patriottistici di questa povera e inutile Italia dilaniata dalla miseria morale e politica, incapace di far convivere i biondi con i bruni i baffuti e i glabri, ha fatto ciò che un esegeta non dovrebbe fare (visto che per l'esegesi dell'inno gli hanno dato 250.000 euro): ci ha messo la fantasia. Allora passi che secondo lui, in piena coerenza con il principio una nazione una lingua, i cosiddetti "dialetti" non possono scrivere "La critica della ragion pura", è opinabile e del resto i padri costituenti dell'Italia erano più accorti di lui, visto l'articolo 6 (La Repubbliche tutela con norme apposite le minoranze linguistiche), ma questa cosa dei ceci proprio non mi va giù e secondo me non sono contenti nemmeno i piemontesi (cacciati dalla Sardegna nell'aprile del 1794, in quella che oggi chiamiamo SA DIE DE SA SARDIGNA), che magari ancora oggi rivendicano la loro lingua di stato, il francese,  come unica lingua della patria. A me, poi, i ceci non sono mai piaciuti e anche ieri sera era come se quella pellicina che hanno quando li metti nel minestrone, mi fosse rimasta attaccata al palato. Ma forse sognavo o forse ero in Sicilia.

4 commenti:

  1. ho sentito, ho creduto si dicesse così anche in sicilia e non solo in Sardegna. mi ha indispettito il fatto che per 250000 euro abbia parlato così poco, secondo me dovrebbe parlare almeno 365 giorni per almeno 18 al giorno, almeno così sarebbe giustificata una spesa simile.
    GBF

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  2. All'inizio ho avuto un mancamento anch'io. Benigni però ha detto bene: egli riferisce la vicenda dei ceci ai Vespri Siciliani (evento storico del 1282), dove i siciliani fecero ricorso a tale espediente (detto "shibboleth") per individuare i francesi che si erano camuffati nel popolo. Quindi, esattamente lo stesso sistema adottato dai cagliaritani il 28 aprile del 1794 per individuare e cacciare i Piemontesi.

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  3. Ho letto anche io... Viva il cece discernitore.

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  4. E che cosa ci si può aspettare da chi, in un delirio sciovinista, definisce italiano Scipione l'African? E dice che se questi non avesse sconfitto Annibale, ora saremmo "tutti fenici"?

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